Il gioco comincia in maniera triviale, abitudinaria, infilandosi direttamente in uno dei tanti clichè, tipico dei giochi horror, e alla sua struttura calcolatissima e trascinarci nei reami dell'implausibile.La storia riguarda il nostro Detective Castellanos. Fin dai primi minuti, la storia, si fa immediatamente torbida, confusa con il sospetto che sia solo il parto di una mente folle, un collage di diapositive rugginose ammucchiate nel cervello bacato del nostro protagonista. Chiuso in un manicomio, Castellanos è come intrappolato in un incubo, che ricomincia ogni volta che si guarda allo specchio.
Il plot sembra come costruito da tante schegge infilate nel cranio, che innescano ricordi ed emozioni. ulle prime sembra quasi un modo un po' capriccioso con cui Mikami vuole spostarsi da un contesto all'altro: la fotografia di una rocca cadente materializza memorie dolorose, palazzi fatiscenti e villaggi cancerosi si alternano quasi senza soluzione di continuità, assieme ai volti, alle immagini carichi di presagi, ai mostri che raccontano una terribile mitologia del dolore.
In verità si scopre, avanzando di buona lena di capitolo in capitolo, che la trama di the evil within è una delle componenti migliori e più riuscite della produzione. Perdonata qualche leggerezza nella sceneggiatura, quando i fili del racconto cominciano ad essere tirati si assembla un disegno ben ordito, convincente anche se non rinuncia del tutto a qualche stereotipo un po' classico. Non ci sono grossi colpi di scena, ma rivelazioni ben dosate, che prima si affacciano tra le righe di qualche diario, e poi divampano con la forza purificatrice di un fuoco immaginato. La mescolanza di immagini e ricordi clandestini compone un racconto non lineare, come se ci trovassimo di fronte alla versione putrefatta e decomposta di Memento. La follia, il trauma, l'urgenza di rimuovere chirurgicamente un dolore insopportabile, e poi l'inevitabile riaffiorare del rimosso: questo collage della sofferenza è studiato ottimamente e giustifica in maniera intelligente ed elegante la presenza di giganti sfigurati, bestie deturpate e creature dai tratti più sibillini. Dall'intimismo angoscioso al gore, dall'introspezione tipica di Silent Hill fino alle viscere esibite dai Resident Evil, la voracità con cui The Evil Within ingurgita e digerisce registri diversissimi è quantomai esemplare, e stacca di diverse lunghezze quella di tanti altri horror moderni, meno creativi e fantasiosi nell'esibire le loro deformità.
In verità le cose si stabilizzano in fretta, almeno sul fronte della fluidità, e quel che resta è una scena sempre molto carica di dettagli, eccezionalmente coreografata, soprattutto grazie al lavoro splendido sull'illuminazione e sui particellari.
L'aliasing è moderato ma non sparisce mai del tutto, ma in generale il colpo d'occhio stupisce per via della caduta della luce, delle fonti di illuminazione che ora si fanno quasi violente, e debordano, e invadono lo schermo, ora invece vengono inghiottite dal nero bituminoso delle stanze tetre. Oltre che di una discreta presenza poligonale (eccellente nel modello del protagonista e meno in quelli dei comprimari), il merito di un look così riuscito resta comunque della direzione artistica impeccabile ed espressiva. Come si anticipava sembra spesso e volentieri di trovarsi di fronte ad una versione Next-Gen di Resident Evil 4: un filtro sporco e i colori slavati si concretizzano in una “fotografia” molto cruda, brutale, che ci presenta fangosi villaggi dimenticati e cimiteri antichi, roccaforti medievali e chiese gotiche. Qui ci sono anche interni più oppressivi, claustrofobici, invasi dal colore del sangue o dai riflessi del fuoco, oppure abbandonati a marcire, come quelli tetri dei primi Silent Hill. In preda al citazionismo più estremo The Evil Within ci fa incontrare corridoi senza fine, stanze che si deformano al nostro passaggio, labirinti surreali, festosi caroselli di morte, ma anche una villa sconquassata in cui ci muoviamo fra sale da pranzo e biblioteche, presi nella morsa terribile di una nostalgia commovente.In questo viaggio fra novità e ricordo ci accompagna una colonna sonora generalmente dimessa, fatta di note tremule e acuti in sordina, di squallide sinfonie gracchianti che entrano sotto pelle, mescolandosi di tanto in tanto con le note presaghe dei brani di musica classica. E' un lavoro sottile e scrupoloso, quello del tessuto musicale di The Evil Within, che sa quando è il momento di lasciar spazio ai rumori e quando invece bisogna sottolineare l'ansia della corsa e dell'affanno.
Il doppiaggio italiano è discreto, ma il titolo di Mikami è comunque generalmente taciturno.
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interessante, ne prenderò nota. Grazie.
Amo questo gioco l ho completato