I videogiochi sono sotto accusa spesso da parte dei giornali o dei telegiornali, nel videogioco viene vista la causa di alcune peculiarità, negative, di coloro che lo adoperano come mezzo di divertimento principale spendendoci diverse ore. La domanda è: perché? Cerchiamo di capire insieme il perché e, soprattutto, cerchiamo di evitare la becera aggressività che, da un lato e dall’altro, viene sputata come acido.
Non c’è niente da fare: l’uomo è un essere abitudinale quindi qualsiasi cosa vada a minare quella abitudine viene visto male, con sospetto, come l’elemento la cui eliminazione può garantire il ritorno della stabilità, della pace, della prosperità.
Dividiamo un attimo la gente in due categorie: pro videogioco e anti videogioco. Presupponendo che in ogni discussione si dovrebbe poter avere pace e chiarezza da parte di entrambe le parti dobbiamo accettare che non è così. Siamo soliti prenderci a cattive parole, andare l’uno contro l’altro per partito preso. Io sono dell’idea che bisogna capire l’opinione altrui per poterla smontare e capire quali sono i punti di forza e, perché no, anche imparare dall’altrui opinione, anche se non condivisa, per poter perfezionare il proprio punto di vista.
Con questi presupposti sogniamo un mondo ideale in cui ogni discussione sia pacifica e aperta di mente.
L’accusa pendente sui videogiochi è spesso quella che questi ultimi rendano violenti coloro che ci giocano perché sottoposti continuamente a input violenti, come se i videogiochi facessero il lavaggio del cervello. Proprio per questo non è raro vedere, in un articolo giornalistico che parla di un’azione violenta compiuta da un giovane, che la colpa è stata attribuita al videogioco violento di turno.
Adesso. Andiamo per gradi.
Il videogioco, come ogni medium, libro, film, serie tv, musica, è in grado di influenzare la mente di una persona e, di fatti, nasce, come ogni altro medium ripeto, proprio per quello, per creare una spaccatura nella realtà e immettere chi ne usufruisce in un’altra con le sue regole in cui ci si può astrarre. Ora, come ogni medium, è possibile che una mente già influenzabile ne rimanga troppo coinvolta, come una sorta di Matrix da cui non si riesce più a uscire e, di conseguenza, non si separa più il mondo virtuale da quello reale. Non dividendo più i due mondi, anche le regole diverse che li governano vengono confuse e si trasportano le regole del mondo virtuale nella realtà andando, quindi, incontro a gravi conseguenze.
Questo non succede solo con i videogiochi ma potrebbe accadere anche con un film o un libro.
Ora. Il videogioco, a differenza di libro ecc…, nasce proprio come mezzo multimediale in grado di toccare tutti i livelli, dalla scrittura alla figura, ai suoni. Un videogioco è, per eccellenza, il medium più avvolgente che esista e quindi è più facile, per una mente, ripeto, influenzabile, rimanerne intrappolati all’interno. Se una mente non solo influenzabile è anche deviata, è facile che veda nel videogioco quello stimolo a “rendere reale” quello che vede “virtuale” e, di conseguenza, se il gioco è violento, riportare quella violenza anche al di fuori dello schermo nella vita vera. Non solo. Attraverso la visione di un qualsiasi cosa è possibile che avvenga quello che è chiamato “evento scatenante”. Nei peggiori dei casi è quell’evento che, ripeto, può essere qualsiasi cosa, è in grado di innescare la psicopatia di un individuo portandolo a compiere gesti riprovevoli.
Assodato che, quindi, il videogioco potrebbe essere in grado di “rendere violenta” una persona, non si può, né si deve generalizzare perché, in tutto, la generalizzazione è sbagliata e porta inevitabilmente all’errore e alla demonizzazione.
Il problema non è nel videogioco ma nella mente che ci si approccia, nella cultura, nell’educazione del fruitore del prodotto. Parlo di videogioco ma potremmo parlare benissimo anche di un quadro, di un libro che, se sottoposto ad una mente già deviata, è in grado di innescare quel meccanismo di cui abbiamo parlato prima. Quindi sarebbe facile dare subito la colpa al videogioco quando sentiamo di affari sanguinosi ma è la via d’uscita facile, quella che non vuole investigare su condizioni familiari, socio-culturali e mentali. Usare il videogioco come capro espiatorio da parte delle testate giornalistiche garantisce facile ascolto e, soprattutto, adesione da parte chi già ha magari per conto proprio un’avversione nei confronti del medium del nuovo millennio. Pertanto, “ascolti” facili, “letture” facili, e così via.
D’altro canto, andando a indagare storicamente gli eventi, è sempre successo che un mezzo artistico nuovo venisse demonizzato e visto come la causa della corruzione dei giovani. Per fare un esempio possiamo andare indietro fino al tempo dei romani, con Catone il Censore e i romani fedeli al Mos Maiorum che non volevano tra i giovani circolassero le opere greche perché rischiavano di affievolire lo spirito fiero dei romani tutti dediti, al contrario dei greci propensi all’arte e alla filosofia, alla guerra e alla politica.
Stessa demonizzazione, in Italia soprattutto, nei confronti del romanzo che veniva visto, come genere letterario, degradante, depravato, causa di corruzione tra i giovani, a differenza, invece, della poesia. C’è voluto parecchio tempo per il romanzo, solo con Manzoni iniziammo ad avere un’accettazione, seppur non totale. Con il teatro, di un Goldoni per esempio, accadde lo stesso, siccome cambiava le carte in regola, modificava, innovava e, quindi, subito veniva bollato come degradante eccetera, eccetera.
Ho voluto riportare alcuni esempi per far capire che anche il videogioco sta passando attraverso le stesse strade che, prima di lui, altri medium artistici, innovativi, hanno dovuto affrontare.
Concludendo.
Tutti hanno torto, tutti hanno ragione. Come sempre la verità è nel mezzo.
Bisogna difendere il videogioco dalle accuse infondate? Ovvio.
Bisogna aggredire le persone che accusano il videogioco di rendere violente le persone? Ovvio che no, bisogna far comprendere loro le nuove situazioni culturali che riguardano il videogioco, bisogna far intendere che non è possibile giustificare devianze attraverso un capro espiatorio facile invece di cercare di vedere al fondo della questione, il vero problema, cioè condizioni socioculturali che vedono nella violenza la risoluzione a tutti i problemi della vita.
Godiamoci i videogiochi e, da futuri genitori, non preoccupiamoci che i nostri figli diventino dei serial killer solo perché giocano a qualche gioco di guerra. Assicuriamoci, invece, di dare loro i giusti mezzi per poter godere del videogioco pienamente, come ciò che è: un “medium” e non la vita vera.
un video gioco ok, non fa del male, ma se ci si gioca per tanto ci rincitrolisce, ma la stessa cosa avviene con leggere i libri per troppo tempo o vedere la tv per troppo tempo, la gente accusa i videogiochi solo, perchè credono faccino del male, mentre i libro no.
invece questa cosa accade per più o meno tutto e poi è stato studiato che i videogiochi aiutano maggiormente di un libro.
Articolo molto interessante. Mi trovi pienamente d'accordo.
Sono d'accordo, i videogiochi in se non sono qualcosa di nocivo per le persone: é solo funzione! Come può esserlo un film, un libro o un opera teatrale.
Ottimo articolo. Mi trovi completamente d'accordo, peccato che chi parla dell'argomento, spesso non si fermi un attimo a fare riflessioni così semplici. E' troppo facile demonizzare qualcosa che non si conosce.
E complimenti per la punteggiatura!